Simone D’Antonio
L’emergenza Covid-19 sta costringendo città di tutto il mondo ad immaginare nuovi modelli di governance, connessione, coinvolgimento civico e riuso di spazi fisici e virtuali dei contesti urbani. In molti casi, le soluzioni avviate in queste settimane accelerano processi di cambiamento già in corso, mentre in altri prefigurano modalità completamente nuove di collaborazione con player privati, designer, imprese creative e reti su scala europea e globale.
Le grandi città globali sono state tra le prime a strutturare una risposta coordinata, attraverso la Global Mayors COVID-19 Recovery Task Force creata da C40 Cities con l’obiettivo di collegare i temi del recupero post-crisi delle città alle esigenze di contrasto alle diseguaglianze e di miglioramento dei servizi pubblici locali. La condivisione di piani e strategie locali per contrastare gli effetti dell’attuale crisi sanitaria è al centro dell’iniziativa Cities for Global Health, promossa da Metropolis, UN-Habitat e UCLG, che sta mettendo in luce nuove modalità di collaborazione tra le città e proposte utili per il rilancio di interi settori dell’economia locali: dai piani per il supporto alla trasformazione del settore culturale a Brasilia fino ai gruppi di innovatori e maker chiamati dal Citylab di Berlino a offrire soluzioni in una pluralità di settori (economia, mobilità, informazione, accessibilità), le esperienze presentate nella piattaforma individuano nuovi modelli di crescita condivisa a partire dagli scenari che si disegnano in queste settimane. L’applicazione di misure di distanziamento sociale a livello globale ha spinto amministrazioni e comunità a sperimentare soluzioni condivise soprattutto in alcuni settori, come la gestione degli spazi pubblici. Il ripensamento dei luoghi quotidiani di vita delle città attraverso azioni di urbanismo tattico e placemaking sta contribuendo a diversificare le funzioni di fermate e infrastrutture di trasporto trasformate negli Usa in nuove aree verdi o di ritrovo. Città, attivisti e manager degli spazi pubblici sono al lavoro anche per individuare azioni di supporto per coloro che non hanno una casa e vanno riconnessi a politiche abitative sempre più urgenti nel post-emergenza, ma vanno dotati sin da subito di elementi di base, come infrastrutture mobili per il lavaggio delle mani nei parchi di Atlanta o di accesso alla connessione wifi per intercettare l’offerta di servizi di assistenza a New York.
L’accessibilità alle funzioni essenziali rappresenterà per lungo tempo un elemento sempre più decisivo per decretare la qualità della vita nelle città. Anche per questo l’attuale crisi ha rimesso il concetto di “città del quarto d’ora” , proposto dalla sindaca di Parigi Anne Hidalgo come cavallo di battaglia della sua ultima campagna elettorale municipale, al centro del confronto come possibile soluzione per garantire l’iper-prossimità e il trasporto intermodale. Una prima sperimentazione di chiusura al traffico su Rue de Rivoli apre la strada ad una serie di sperimentazioni che vanno dal centro della capitale francese fino ai comuni dell’intera area metropolitana, dove è notoriamente più difficile concentrare in 15 minuti l’accesso a negozi, scuole, aree verdi, hub di trasporto e posti di lavoro. Le settimane di lockdown hanno imposto anche un’accelerata decisa verso l’adozione di sistemi di remote working, facendo emergere scenari sul futuro del lavoro che rivedono completamente il ruolo degli uffici fisici e impongono di ripensare completamente una serie di funzioni urbane, dalla connessione tra centri e periferie ai sistemi di trasporto e di housing, legate alla conformazione del modo in cui si lavora in diversi settori del pubblico e del privato. La diffusione di sistemi a banda ultralarga rappresenta una necessità non solo per le aree metropolitane ma anche per le aree interne, su cui è possibile intervenire in maniera decisa con azioni che riducono il pendolarismo e rendono non necessaria la presenza quotidiana negli uffici. Secondo le analisi sul futuro del lavoro svolte negli Usa il lavoro in ufficio potrebbe essere limitato a pochi giorni a settimana o per settori specifici, con un ricorso più ampio ai coworking per delocalizzare parte della forza lavoro. L’attuale situazione porterà probabilmente ad un’accelerazione dei processi di automazione, con impatto forte nel modo in cui sono popolati e vissuti i business district delle città ma anche con un possibile miglioramento dei sistemi organizzativi del lavoro.

Cambiano anche le forme di fruizione culturale nelle città, con un numero sempre più elevato di contesti urbani e metropolitani che stanno varando piani per il sostegno diretto all’imprenditoria creativa e artistica, come Berlino, Sidney o Auckland. La vivificazione degli spazi pubblici attraverso l’organizzazione di eventi e rappresentazioni culturali, dal ritorno dei drive in per cinema e teatri (come accade a Dortmund o Denver ) fino alla rifunzionalizzazione delle arene all’aperto, sarà consolidata nei prossimi mesi e affiancata da un redesign dei luoghi tradizionalmente dedicati alla cultura. La creazione di piattaforme digitali gestite direttamente dai cinema del territorio per la promozione di produzioni di qualità (come l’esperienza di Adessocinema in Friuli o del film festival globale organizzato congiuntamente dalle principali rassegna mondiali ) consentirà anche di avvicinare grandi incubatori e contenitori di cultura d’avanguardia, come i festival cinematografici, a nicchie di pubblico specifiche con la differenziazione dell’offerta rispetto alle sale anche quando queste ultime saranno riaperte e ritorneranno in funzione.